di Theresa McKeon e Luca Canever
Ogni singolo giorno combattiamo il desiderio di usare espressioni politicamente non corrette del tipo: "No, hai sbagliato ancora!" e "’Cipicchia! Non posso credere che tu non l’abbia ancora capito!" A noi insegnanti è anche richiesto di controllare il linguaggio corporeo, non mostrando MAI! fastidio o frustrazione: roteare gli occhi, sospirare pesantemente o buttare le mani in aria a dire: "Io ci rinuncio", sono tutte cose tassativamente proibite! Quante cose dobbiamo autocontrollare ...
Come fare? È mai possibile che solo noi insegnanti dobbiamo controllarci? Ma soprattutto: potremmo imparare a farlo ancora meglio?
Una soluzione c’è, anche se può sembrare un po’ un controsenso.
Eccola qua: noi insegnanti potremmo “vivere meglio”, se limitassimo la quantità d’informazione che offriamo ai nostri allievi soprattutto in certi momenti; proprio in quei momenti in cui sentiamo che dobbiamo ancora dire qualcosa. Immaginiamo che il nostro allievo o la nostra allieva si stia per lanciare a fare una cosa particolarmente complicata. Proprio in questi momenti sentiamo di dover ancora aggiungere qualcosa, di dover dire quell’ultima parolina che potrebbe essere definitiva nell’aiutare l’allievo (perché, non dimentichiamolo, noi insegnanti, abbiamo molto a cuore i nostri allievi). E allora, con un ultimo sforzo, lanciamo loro un’ancora dell’ultimo momento: "Non dimenticare ...", "Ricordati di ..." o forse la più tremenda per la sua forza distraente: "Sì, puoi farcela! Io ho fiducia in te!” Tutte queste frasi hanno certamente il loro posto, ma l’attimo che precede l’esecuzione di un nuovo comportamento non è tra questi. Allora perché è così difficile controllare l'impulso di distruggere la concentrazione dell’allievo?
Confessiamolo, noi insegnanti abbiamo quattro punti deboli
1. IL GUSTO DI PARLARE
Di norma, a noi piace parlare e soprattutto dare informazioni agli altri. Abbiamo lavorato sodo per raccogliere grandi quantità di conoscenza e ci sentiamo strozzare quando si dobbiamo smettere di parlare, anche quando si tratta di lasciare che lo studente possa far pratica autonomamente (eventualmente sbagliando).
2. IL DESIDERIO DI VENIRE RINFORZATI
Noi insegnanti siamo rinforzati dal successo dei loro studenti. Quando sembra che l’ancora dell’ultimo minuto abbia facilitato l’esecuzione corretta, può nascere un’idea sbagliata, una vera e propria superstizione: "L'ultima volta che ho gli ho fatto tutto l’elenco di quello che volevo ricordasse, subito prima dell’esercizio, mi è sembrato che abbia funzionato!"
3. LA PREOCCUPAZIONE DI ESSERE MALVISTI
E' possibile che si abbia paura che i nostri colleghi o degli osservatori occasionali, possano supporre che il nostro silenzio rifletta una mancanza di competenza: l’insegnante che sta zitto è l’insegnante che non sa! "Se non dico qualcosa allo adesso, gli altri penseranno che non ho visto l'errore".
Invece, il saper concedere momenti di silenzio, a tempo debito, è il marchio di fabbrica di un insegnante attento; una persona attenta che, consapevolmente, permette allo studente di essere parte del processo di apprendimento e non solo una carriola sulla quale scaricare informazioni a volontà. Imparare a resistere all'impulso di ripetere all’ultimo minuto, di dare dei riscontri o, addirittura, “fare festa” per diminuire la tensione, può realmente accelerare la velocità con la quale lo studente acquisisce fluenza, e, in ultima analisi, la sua capacità di diventare indipendente. Pensiamo prima alle cose importanti da fare e lasciamo spazio e tempo per processare l’informazione.
Il TAGteach ha il giusto strumento per aiutare gli insegnanti e il loro autocontrollo: si chiama tag point.
Il tagger. |
L’insegnante può tirare un sospiro di sollievo e… fare silenzio.
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Tag!
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