martedì 17 marzo 2015

Il TAGteach va a scuola!

Luca Canever
Marzo 2015

Gestire il rinforzamento per un gruppo di persone è una delle difficoltà maggiori che si possono incontrare. Specialmente se le persone in questione sono 20 ragazzini di 11 anni, con interessi e personalità diversi tra loro. Da due mesi lavoro in una scuola e, per la prima volta, mi sono trovato ad usare il tagger con un gruppo numeroso che non ha nemmeno un particolare desiderio di trovarsi in classe. Come rinforzarli? C’è chi ama le caramelle, chi le perline, chi tempo extra per la ricreazione e chi (esistono anche loro!) trova rinforzante lo studio in sé (ma sono molto, molto, molto rari). Quello che ho deciso di adottare è una rotazione continua tra i vari programmi di rinforzamento: oggi si lavora per extra time per la ricreazione; domani si guadagnano braccialetti; poi si guadagneranno punti per vedere un film, o per poter svolgere qualche attività preferita. Anche se può sembrare un ostacolo a prima vista insormontabile e demoralizzante (se non si trova il rinforzatore adatto può succedere di tutto) trovare i rinforzatori giusti anche per un gruppo di persone si può fare. Credo che possa bastare un po’ di fantasia e desiderio di escogitare nuove strategie. E, se poi, per una volta non funziona… pazienza. Più diventiamo in grado di cogliere comportamenti da rinforzare più facile sarà rinforzare questi comportamenti. Ho usato il TAGteach in diverse situazioni; e, anche se non sto usando direttamente il tagger, i principi alla base della metodologia sono sempre presenti neii miei protocolli

PRENSIONE DELLA PENNA

Molti ragazzi hanno una prensione della penna non corretta: questo fatto può causare problemi alle articolazioni del polso, e, cosa più preoccupante, difficoltà nella scrittura che si traducono in: "A me non piace scrivere" o:"Io non so scrivere". Da qui il passo verso una diagnosi per un Disturbo Specifico dell'Apprendimento può essere tremendamente breve.
Insomma se vogliamo educare dei futuri Shakespeare, tenere correttamente la penna in mano è il primo passo. In questo caso ho usato due tag point: "Schiaccia tra pollice e indice" e "Spingi con il medio". Le due foto li illustrano meglio.




































Questi tag point si prestano ad essere "lavorati" in molti modi: a gruppi di due (per esempio i compagni di banco) con uno studente che scrive e l'altro che marca. Possono anche essere usati a gruppi di tre studenti,con un allievo che detta, un secondo che scrive e il terzo che marca. Questo tipo di sistemazione mi permette, in qualità d'insegnante, di essere libero di seguire coloro i quali possano incontrare maggiori difficoltà. Ho anche trovato due buoni riferimenti (o target) su YouTube per agevolare i ragazzi nell'apprendere la prensione corretta.
  • Target 1: la penna va messa giù con la punta rivolta verso chi scrive. Questo comportamento può essere aiutato disegnando su un cartoncino la sagoma di una penna e attaccandola sul tavolo (ovviamente con la punta verso chi scrive). In alternativa, se necessario anche questo può diventare un tag point ("punta verso chi scrive")
  • Target 2 :  usare indice e medio della mano sinistra per posizionare la pinza pollice e indice della mano che scrive alla giusta altezza sulla penna: esattamente sul bordo indicato dal dito indice. Se necessario, si può mettere un piccolo adesivo colorato sul punto esatto sull'asta della penna. Volendo anche questo può diventare un tag point: "pinza sul bollino". Le foto qui sotto mostrano i due target.
Punta verso chi scrive. Questo può, se necessario diventare un tag point
Come misurare il punto dove mettere la pinza. 

 LETTURA

La punteggiatura non è una cosa che i miei ragazzi gestiscano molto bene. Ma leggere con espressività aiuta la comprensione del testo e la positività dell’esperienza di lettura, secondo il motto che ho appena inventato: "se SAI leggere, allora ti PIACE leggere". Leggere senza difficoltà significa avere le competenze per studiare meglio, più velocemente e con maggior profitto. Di nuovo il passo tra delle difficoltà derivanti dalla mancanza di questo tipo di pratica e una diagnosi DSA può essere breve.
Quindi ho iniziato ad insegnare a rispettare le pause della punteggiature. L’esercizio si è svolto così: il primo compagno legge, il secondo lo marca. Il tag point è: "pausa sulla virgola" (ma potrebbe essere: "rispetta la punteggiatura" a un livello più avanzato o "pausa sul punto" etc etc). Dopo 5 tag la lettura passa al secondo compagno che viene taggato dallo studente successivo. Questo se volete che tutta la classe segua insieme. Se desiderate vivacizzare la cosa basta formare dei gruppi di due o tre alunni, stabilendo i turni per chi legge e per chi tagga.

DISGRAFIA

 E veniamo ai DSA. Uno dei miei ragazzi ha alcuni -fortunatamente leggeri- problemi cognitivi. Scrive in modo disordinato e ha scarse competenze nell’area della memoria di lavoro. La diagnosi per lui è stata: "Disgrafia". Anziché ricorrere a strategie di ripiego (scrittura in maiuscolo, o scrittura al computer) ho deciso, rispettando le capacità dell’alunno, di insistere perché scrivesse in corsivo. Scrivere in corsivo permette di scrivere più rapidamente, questo si traduce in fluenza nella scrittura. Essere fluenti ha dei vantaggi enormi (ho parlato di cosa sia  fluenza nei comporttamenti in questo articolo). Ho insegnato una scrittura corretta almeno dal punto vista grafico con il tag point "lettere" sulla riga. La foto mostra il primo intervento che ho fatto. La linea rossa mostra qual’era il suo "standard" di scrittura. Notate tutti quei su e giù? La linea blu indica dove ho iniziato a taggare. Il trattamento con il tagger è durato per tutta la linea verde. Circa 30 secondi. Poi ha proseguito da solo. La differenza risulta subito evidente.

15 giorni dopo questo intervento la scrittura è rimasta stabilmente sulla linea, senza aver dovuto ricorrere ad altri interventi. Non solo. Ho notato che il modo con cui il ragazzo riesce ad organizzare i suoi pensieri per la scrittura si è fatto più lineare e fluente. Come se riuscire a scrivere in ordine lo aiutasse a "pensare in ordine". Sicuramente la scrittura "in linea" risulta più rapida ed efficente. Questo comportamento potrebbe liberare risorse cognitive (prima impiegate a fare attenzione alla scrittura) per la composizione dei pensieri sulla carta.

venerdì 13 marzo 2015

Non trattare mia figlia come un cane!

Si sa come vanno queste cose su facbook, un amico pubblica qualcosa vai a vedere, trovi qualcos’altro e vai a vedere, poi trovi qualcos’altro e vai a vedere, poi… Io ho incontrato Ted DesMaisons, autore dell’articolo che mi ha gentilmente concesso di tradurre e pubblicare e al quale va tutta la mia gratitudine. Troverete alcune informazioni su Ted al fine dell’articolo. 
 Luca Canever
Marzo 2015

di Ted DesMaisons
Molti insegnanti ed allenatori che usano il TAGteach trovano resistenza da parte dei genitori o dei loro colleghi per il fatto di “cliccare" i bambini. Le critiche sono del tipo: “Non è lo stesso che usano anche gli addestratori di cani?”. “State –per caso- trattando il mio bambino come un animale?”. “Gli esseri umani sono diversi!”. Paura e rabbia palpabili si intromettono nel processo d’insegnamento, sia facendo vacillare nei suoi propositi chi insegna sia mettendo sulla difensiva chi impara. Naturalmente, "trattare qualcuno come un cane" non significa –sperabilmente- che si stia trattando male quella persona. Magari, qualche volta, metti il tuo cane fuori in cortile o lo tieni al guinzaglio. Forse, qualche volta, gli dai comandi o eserciti la tua “dominanza” in modo irrispettoso. Oppure stai presupponendo che, in quanto animali, possiedano minor intelligenza. In ogni caso, a causa di tali associazioni ( e per incresciosi fatti di cronaca), i pionieri dell'utilizzo del rinforzamento positivo per gli esseri umani, attraverso un marker sonoro, hanno dovuto bonificare, ben presto, il loro linguaggio dalla parola “clicker”. Ma il TAGteach non comporta nessuno di questi aspetti negativi che associamo ai rapporti con i nostri cani (ed animali domestici in senso lato). Vero esattamente il contrario.
Il TAGteach prende il meglio della scienza del rinforzamento positivo con “altri” animali e lo applica al “particolare” mondo degli esseri umani. Il metodo funziona su qualsiasi animale con un sistema nervoso, dalle lumache di mare agli scienziati (…). Specifiche istruzioni e precisi feedback consentono di ottenere un apprendimento a lungo termine. Punto. Qui, "feedback" non significa una critica o sottolineare qualcosa che è andato storto, ma, piuttosto, significa fornire informazioni semplici, tipo “sì-no”, sul fatto che un determinato obiettivo sia stato raggiunto. “Ma noi non siamo animali. Possiamo usare le parole. Perché abbiamo bisogno di un "Click!" per dirci quando abbiamo fatto la cosa giusta?”
Beh, innanzi tutto, siamo animali. Avere a disposizione un messaggero diretto per l’amigdala, usato solo per dire “sì” ci aiuta a farci capire in qualità d’insegnanti: “Oh, allora è questo il comportamento che vuoi!”. Questo discorso è valido dalla lucertola fino a Liz che gioca ala sinistra sul campo (n.d.t Quando Ted ha scritto questo articolo allenava anche una squadra femminile di Softball). A volte le parole, in realtà, ostacolano l'apprendimento. Le parole attivano processi cognitivi ed emotivi che interrompono il più semplice, ed immediato processo di assorbimento dell’informazione. Un "Bravo!", per il mio bassotto invoca accidentalmente la mia approvazione sociale (e aumenta il bisogno del cane per questa). Ci può essere un tempo e un luogo anche per questo, ma non può essere ustata per “integrare” un apprendimento che sta avendo successo. Un calmo "OK, mm-hmm" che segue un più entusiasta "FAAANTTTASTICO!!!!" può rivelarsi più un elemento più di confusione che di rassicurazione. Un semplice "sì" può perdere tutta la sua forza una volta convertito in un "sì, ma" e a noi, come insegnanti, spesso scappa di aggiungere quel "ma" per dimostrare la nostra superiorità o confermare comunque il nostro valore. Quando viene usato per quello che è, il "click!" serve come un indicatore che comunica un lavoro fatto correttamente; un indicatore costante e privo di componenti emotivi allegati. L'informazione rimane pulita e pura. È importante sottolineare che il TAGteach richiede nell’equazione un miglioramento più profondo da parte dell'insegnante che non da parte dello studente. Per utilizzare il metodo bene, un TAGteacher deve migliorare le sue competenze ponendosi tutta una serie di domande:
 “Che tipo di comportamento o abilità, esattamente, sto cercando di sviluppare?”
 “Quali competenze o comportamenti più piccoli costituiscono l’obiettivo finale?”
 “Perché mai questo, dovrebbe interessare al mio allievo?”
“Come posso spiegare quello che sto cercando in modo pulito e conciso?”
 “Come posso migliorarmi nel marcare il successo del mio studente più precisamente?”
“E poi, come posso fare per responsabilizzare il mio studente del suo apprendimento?"

Il tag point e': "Copri con mano"
Un insegnante che si chieda queste domande inizia a passare da essere un maestro sul tipo di Miyaghi (Karatè Kid n.d.t.) a essere un vero e proprio preparatore. Il suo lavoro non è quello di essere al centro dell'attenzione o il “server “ da cui un ragazzino può scaricare informazioni; piuttosto il suo lavoro consiste nell’aiutare a fissare obiettivi chiari e nel fornire la metodologia e le informazioni necessarie per raggiungere tali obiettivi. Tutto ciò può sembrare un pochino, spassionato ed emotivamente freddo (…). Ma, anche qui è possibile trovare eleganza e bellezza; soprattutto quando questo lavoro di preparatore viene fatto bene. Lo stesso apprendimento fornisce la ricompensa. Poi, alla fine di una sessione di TAGteach, l'insegnante può elargire lodi ed elogi per celebrare il processo utilizzato per ottenere il risultato piuttosto che il risultato stesso. La maggior parte dei genitori si “arrabbierebbero” se al loro figliolo fosse somministrato un farmaco o un trattamento medico mai testato prima sugli animali, ma in qualche modo quest’idea di "clicker training" sui ragazzi continua a sollevare dubbi e perplessità. La co-fondatrice del TAGteach, Theresa McKeon, offre un’approccio che può venire, magari, più facilmente accettato: “Ho intenzione di utilizzare, piuttosto che le mia voce, un breve suono per dire sì, in modo da non interrompere la tua concentrazione", ma alla fine dei conti, facciamo ancora affidamento sul successo dei principi derivati dalla scienza del comportamento animale. Se qualcuno si scandalizza quando sente che io uso un clicker per aiutare sua figlia a migliorare il suo gioco di softball, ha, in un certo senso, ragione. Io la tratta come un cane. Più specificamente, userò il rinforzo positivo. Le segnalerò quando si è guadagnata il rinforzo. E, regolarmente, aumenterò le mie aspettative sulle sue performances in modo da poter esaltare tutto il suo potenziale. Nel corso del tempo vi prometto che sarete stupiti dei risultati!

L'autore:

Ted DesMaisons ha insegnato Filosofia e Studi Religiosi ed allenato la squadra femminile di softball presso la ’Northfield University a Mount Hermon, una scuola privata lungo le rive del fiume Connecticut nel Massachusetts occidentale, a sud del Vermont e del New Hampshire. Laureatosi alla Stanford Graduate School of Business, alla Harvard Divinity School, e al One Spirit Interfaith Seminary, Ted è anche un membro attivo sia dell' Association for Contemplative Mind in Higher Education e dell’ Applied Improvisation Network. Ha studiato improvvisazione con Patricia Ryan del Stanford Improvisors e Dennis Cahill e Shawn Kinley della Loose Moose Theater Company a Calgary,
Lasciato il suo lavoro d'insegnante, Ted ha da poco intrapreso la carriera di divulgatore, aiutando le persone a sviluppare la propria auto-consapevolezza. Conduce seminari per insegnanti e uomini d'affari o per persone che sono alla ricerca. Questo è il suo sito: http://animalearning.com/

Marco... Polo!

di Martha Gabler
Marzo 2015

 Narrano le cronache che Marco Polo abbia vagabondato attraverso i deserti dell'Asia per raggiungere le favolose città della Cina. I nostri bambini autistici possono, anche loro, essere dei vagabondi, una fonte di preoccupazione in più per genitori e terapeuti. Ad aggravare il problema del girovagare, spesse volte i nostri bambini hanno limitate competenze verbali, cosicché non possono rispondere quando vengono chiamati. Dopo un episodio particolarmente spaventoso, ho utilizzato il TAGteach per insegnare a mio figlio una risposta verbale, in modo tale che fosse in grado di risponderci nel caso lo stessimo cercando.
Alcuni anni fa, mio figlio scomparve dalla vista un pomeriggio in cui ci eravamo momentaneamente distratti. Immediatamente noi, insieme a diversi vicini, ci precipitammo in cerca di lui. Nessuno riuscì a trovarlo. Finalmente entrai in casa con l'idea di controllare nuovamente con molta cura. Doug era nascosto, raggomitolato su una grande poltrona. Sebbene avessi chiamato, lui non aveva risposto. Capimmo che doveva essere capace di risponderci verbalmente in caso lo stessimo cercando. 

 Dov'è Douglas?

 All'inizio, mi sono seduta con lui per insegnargli a rispondere alla domanda: "Dov'è Douglas? " con l’agitare il braccio e urlando: "Qui!". Questo ha funzionato abbastanza bene, ma una domanda quale: "Dov'è Douglas? " o "Dov'è Tommy? ", potrebbe essere una domanda carica emotivamente per il bambino che la potrebbe anche interpretare con: "Guai in vista?"
"Oh no! Forse farei meglio a stare zitto!"
 A mio marito venne in mente la grande idea di insegnare a  rispondere a: "Marco " con "Polo". Tutti conoscono questa frase; è un gioco piuttosto comune che i ragazzi fanno in piscina durante l'Estate ( N.d.T. Negli Stati Uniti, non credo tanto qui in Italia). Nostro figlio, pur profondamente non verbale era in grado di verbalizzare "Polo" come risposta a: "Marco". Se "Marco Polo" non funziona per il vostro bambino, ci sono altre opzioni. Potete scegliere un titolo da un libro o da un racconto preferito e usarlo. Qualche semplice esempio: "Cappuccetto Rosso"; "Buona notte Luna"; "Brilla, brilla Stellina". Se il vostro bambino non riesce nemmeno a fare un’approssimazione di una di queste parole,scegliete un suono che sia in grado di emettere, insegnategli a fare quel suono in risposta a qualsiasi parola o frase abbiate scelto come segnale. 

 Marco … Polo! 

Fortunatamente, questa competenza è facile da insegnare usando il TAGteach, e voi potete lavorarci sia in modo formale che informale. Mamma e papà dicono: " Marco" e, se necessario, invitano il bambino a rispondere: "Polo". Il tag point è: "dire Polo". Non appena il bambino emette la risposta "Polo" voi marcate (fate scattare il tagger) e consegnate una leccornia (Rinforzatore) al bambino. Ripetete questo procedimento, finché diventa una risposta di routine per il bambino. Dopo di che, praticate questa competenza in altri posti: in macchina, in cortile, ai giardinetti e al parco giochi. È particolarmente utile far pratica all'aperto, nella vita reale, in modo che sappiate che il bambino può rispondere anche in una varietà di posti diversi. Appena una settimana fa, dopo una grande tempesta di neve, sono uscita per ripulire la macchina. Doug è corso fuori e gli ho detto di rientrare in casa. Dopo pochi momenti mi sono preoccupata: era tornato in casa o era corso sul retro? Mi sono precipitata dentro, ho fatto le scale di corsa gridando: "Marco!" L'ho sentito rispondere: "Polo!" Ho potuto tirare un sospiro di sollievo! Quando il vostro bambino può con sicurezza gridare "Polo" in risposta a "Marco" (o qualsiasi altra frase abbiate deciso di utilizzare), avrà acquisito un’ottima competenza che vi darà un po' più di sicurezza nel caso dovesse vagabondare fuori vista. Vi prego di notare che questa competenza non impedirà al bambino di vagabondare. Inoltre le famiglie potrebbero trarre anche vantaggio dall'annuncio del governo federale (degli USA) che fornirà di strumenti per la localizzazione gratuiti per i bambini autistici, o alla nuova iniziativa Big Red Safety Box

 Cos’è il TAGteach? 

Il Clicker è il marker solitamente
usato nel TAGteach
TAGteach significa Insegnamento Audio Assistito. Il TAGteach è una metodologia di comunicazione ed insegnamento che usa il rinforzo positivo e un marker d’eventi per dire al bambino che ha fatto qualcosa correttamente. Il marker d’eventi è un "Click!" emesso da una "scatoletta" che viene tenuta in mano. Quando il bambino esegue l’azione corretta (dire: "POLO" in risposta a "MARCO") l’insegnante fa scattare il marker e consegna un premio (che può essere una caramella, qualcosa di goloso, un gettone, elogi, contatto sociale o anche denaro) come rinforzatore. Con il tempo e la pratica, qualsiasi bambino può imparare nuove competenze con il TAGteach.

L'autrice:

Mi chiamo Martha Gabler. Mio marito ed io siamo i genitori di due ragazzi. Il più giovane, che adesso ha 17 anni, è stato diagnosticato a 3 anni con una forma severa di autismo e profondamente non-verbale. Possedeva tutti i difficili comportamenti comuni ai bambini autistici, era anche violento ed aggressivo. Per puro caso ho conosciuto il TAGteach, intuendo immediatamente che questa metodologia per la modifica positiva del comportamento avrebbe potuto aiutarci. Ed è stato proprio così! Mio figlio è adesso un felice adolescente che ama la vita e che ama visitare posti nuovi. E’ ancora autistico, ma la vita è molto, molto migliore per tutti noi.
 Per conoscere Martha:  http://autismchaostocalm.com/

Il libro:

Disponibile su Amazon
Chaos to Calm è il libro che Martha ha scritto sulle sue esperienze di utilizzo del TAGteach con il figlio Doug.
 Scrive Karen Pryor nella sua prefazione al libro:
 " La cosa meravigliosa di questa tecnologia è che, una volta che se ne sono compresi i principi, questi possono venire applicati autonomamente. Martha è la mamma simbolo di questo fenomeno: sì, aveva un libro –il mio– e aveva qualche infarinatura nelle applicazioni umane della tecnica, ricevuta nei seminari tenuti da Theresa McKeon e Joan Orr, le fondatrici del TAGteach. Ma è stata Martha lavorando per conto suo che ha raccolto gli strumenti, il marker, i rinforzi, lo shaping e i segnali, adattandoli alle proprie esigenze e alle potenzialità di suo figlio. Come lei ci mostra, i deficit di base non possono cambiare, ma il comportamento e il livello di comunicazione quelli sì, possono cambiare. E un genitore può farlo"

In Spiaggia

Avevo scritto questo articolo tre o quattro anni fa.
All'epoca Alessandro, mio figlio, aveva 3 anni e cominciava ad avere le sue opinioni.
Luca Canever 
Verona 13/03/2015

L’anno scorso, la vacanza al mare era terminata con Alessandro che aveva accettato di indossare i braccioli. Insieme abbiamo passato l’intero inverno in piscina, sempre con i braccioli. Arriviamo in spiaggia quest’anno e il bambino non ne vuole sapere di indossare i suoi braccioli. “?” penso io. “per quale motivo al mondo, non vuole mettersi i braccioli, pur avendoli già usati e conoscendo i vantaggi che danno?”. Naturalmente, provo a convincerlo: facciamo il motoscafo; giochiamo a bordo di un canotto gonfiabile; lo porto a spasso sulla schiena. Niente da fare malgrado i miei tentativi Alessandro si rifugia nel più classico dei “No voio”, e tutti i miei tentativi non hanno successo. Finchè… carico il canotto con i nostri giochi (e i braccioli) e porto il bambino con me in acqua. 
Prendo il bambino in braccio e gli faccio fare il motoscafo trascinandolo per le braccia. Sempre con il bambino il braccio gli faccio vedere che i braccioli galleggiano e riesco ad infilargliene uno sotto l’ascella. Anche se è in braccio a me, Alessandro sente la spinta verso l’acqua, ed apprezza. A questo punto, ne approfitto, e metto anche il secondo bracciolo sotto il braccio. Pur con questo supporto non si stacca dalle mie braccia e la situazione non migliora: il bambino non vuole indossare i braccioli. Disperazione! Prendo Alessandro, me lo metto sulla pancia ec erco di nuotare a dorso. Ovviamente con il peso del bambino sulla pancia, non riesco a stare a galla; prendo i braccioli e me li metto sulle mani (sono troppo piccoli per andare più su): in questo modo riesco a stare a galla e portare il peso sulla pancia. …
Idea! Spesso, sia in piscina che qui al mare abbiamo fatto il gioco del motoscafo: prendo Alessandro per le mani e corro all’indietro. Lui si diverte parecchio in questo modo. Stessa cosa oggi, solo che, gli spiego, che per afferrare le mie mani, visto che siamo al mare e ci sono le onde (che i motoscafi saltano!) le sue mani devono stare dentro i braccioli. Il tag point è: mani nei braccioli. Facciamo il motoscafo, Alessandro si diverte: yuppi! Penso io. Rifacciamo il motoscafo, cambiando il tag point. Il tag point è: braccioli sui polsi. Nuovo, grande successo. In altre due ripetizioni, Alessandro aveva i braccioli sulle spalle e stava nuotando per conto suo avanti e indietro. Ci sono volute due ore per riuscire a portarlo fuori dall’acqua, che per fortuna, quel giorno era molto calda.
 La morale è, ovviamente, che esiste sempre una soluzione. Bisogna tenere la mente aperta e “laterale”, pronti per afferrare anche le minime opportunità che l’ambiente ci offre. Io sono stato fortunato: per caso ho avuto i braccioli sulle mani, aprendomi il “pensiero laterale”. A mente fredda, riscrivendo questi appunti, mi rendo conto che il TAGteach va a marcare cosa fa avvenire il comportamento, non il comportamento stesso e, avere le mani dentro i braccioli, era quello che mi serviva come punto di partenza per ottenere il comportamento. Istintivamente, ci si preoccupa di quello che manca, non di come possiamo ottenerlo. Io era focalizzato su “il bambino non ha i braccioli” e non su “il bambino indossa i braccioli”.
A questo proposito vi racconto una storia che ho letto.

 Si racconta che un mercante fosse stato costretto a chiedere in prestito i soldi ad un avido usuraio. Arrivato il momento di pagare, il mercante si trovò di nuovo senza soldi. L’usuraio venne a riscuotere il suo debito e vide la bella figlia del mercante. Propose questo scambio: la mano della figlia in cambio dei debiti del padre. Ovviamente i due si opposero dicendo che si trattava di una richiesta crudele e spaventosa. Forse qualcosa si mosse nel cuore dell’usuraio che propose una scommessa: avrebbe messo dentro la sua borsa un sasso nero e un sasso bianco. La ragazza avrebbe pescato: se fosse uscito il sasso bianco avrebbe sciolto i debiti senza chiedere niente in cambio; se fosse uscito il sasso nero, avrebbe ugualmente cancellato i debiti, ma la ragazza sarebbe diventata sua moglie. Sottrarsi a questa prova avrebbe significato la galera per il padre e la povertà assoluta per la figlia. La ragazza accettò. Si accorse però, che l’usuraio, disonesto, metteva di nascosto nella borsa due sassi neri. Cosa fare? Denunciarlo? E chi le avrebbe creduto? Rinunciare alla prova condannando il padre alla galera? Questo è quello che fece: pescò un sasso nella borsa, ma prima di mostrarlo lo fece cadere per terra: “oh, cielo! Come sono sbadata! Ma nulla è perduto: visto che nella borsa c’erano un sasso nero e uno bianco, basta vedere il colore del sasso rimasto nella borsa per sapere il colore di quello che ho fatto cadere”. Ovviamente nella borsa era rimasto solo un sasso nero, ma l’usuraio non poteva protestare: farlo avrebbe significato ammettere la propria disonestà. Così l’uomo malvagio fu costretto a cancellare i debiti del mercante.

Cosa ha fatto la ragazza? Ha pensato lateralmente: anziché preoccuparsi del sasso bianco che mancava, ha trovato il modo per trovare il sasso. Lo stesso con Alessandro e i suoi braccioli o in ogni altra situazione: non focalizzarsi su quello che manca, ma su come ottenere quello che si vuole. In altre parole: tag.

I bambini adorano il TAGteach

di Sarah Cook
Marzo 2015

Dopo molti anni felici come insegnante alla "A Dancer’s Dream", sono recentemente passata nel mondo della pubblica istruzione, accettando un incarico come insegnante di danza a tempo pieno in una scuola privata di Boston, Massachusetts. Per quelli che non lo conoscono, "A Dancer’s Dream", è un meraviglioso studio di danza dove ogni insegnante è un TAGteacher certificato e i bambini conoscono molto bene questa metodologia. La scuola dove sono finita a lavorare, è una scuola privata di alto livello e comprende medie ed elementari distribuite in tre sedi. Le scuole sono molto rigorose dal punto di vista accademico, hanno una politica piuttosto rigida sul comportamento che gli studenti devono osservare, spingono molto sul rinforzamento positivo e lo sviluppo del comportamento. Inoltre richiedono che ogni studente faccia lezione di danza. Per questo motivo le classi di danza sono numerose, con 27-32 studenti per classe. Non c'è nemmeno il bisogno di dirlo: sono sempre parecchio impegnata. Dopo aver passato un anno e mezzo lottando tra classi numerose, niente specchi e condizioni da scuola di ballo piuttosto approssimative, ho chiesto alla mia preside se potevo iniziare ad usare il TAGteach. Lei mi ha risposto di sì e io tirato un grosso sospiro di sollievo. Potevo finalmente proporre il TAGteach e il tagger in tutte le mie classi. Questi sono alcuni momenti tratti dalla nostra prima settimana di uso del TAGteach. 

 Prima media: siamo ormai a buon punto con le lezioni sul tip tap. Con 27 ragazzi presenti in classe, è difficile vedere e correggere gli errori di ciascun alunno. Come poter risolvere i problemi di troppi ragazzi con così poco tempo a disposizione? Con il TAGteach, naturalmente! Dopo aver osservato l'intera classe tentare i flaps (un passo del tip tap in cui il piede striscia sul pavimento prima di battere) e aver preso nota mentalmente degli errori più comuni, ho scelto uno studente per introdurre la metodologia. Ho spiegato cosa un tag significhi e come aiuti sul corpo e il cervello ad imparare. In meno di due minuti e con soli due tag point i suoi flap erano a posto. Non solo le competenze dell'alunno erano migliorate, ma tutti nella classe hanno migliorato dopo aver osservato la sessione di TAGteach. Erano tutti eccitati e un pochino compiaciuti. A me era stata solo ricordata l'efficacia del TAGteach. 

 Prima elementare: ci sono 32 bambini in questa classe (32 BAMBINI!!!). Nello sforzo di indirizzare le mie classi, ho deciso di iniziare ad usare il TAGteach per lavorare, in primo luogo sulla gestione della classe. Non appena l'ora è iniziata, sono stata pronta ad osservare il primo bambino che si fosse seduto tranquillamente a gambe incrociate. Senza dire una parola, l'ho taggato e… voilà ! La stanza è passata dal caos al silenzio in tre tag. È stato così facile. Hanno capito subito che se non ricevevano il tag potevano osservare un compagno che invece lo aveva ricevuto e correggere il loro comportamento imitandolo. La mia la classe era silenziosa, pronta ad iniziare in meno di un minuto, senza alcun bisogno che li riprendessi. Uno scolaro mi ha detto: "Mi piace il tagger perchè quando tu marchi una persona, tutti noi sappiamo cosa fare senza bisogno che tu parli e sprechi così la nostra lezione".
Hai ragione, ragazzino.
Piace anche a me.
Sono così emozionata di aver introdotto questo strumento nella mia scuola! Abbiamo realizzato di più in meno tempo, la nostra pratica è più focalizzata e tutti sono più felici. Inoltre so che mi aiuta a rimanere calma e concentrata.

mercoledì 4 marzo 2015

TAGteach: momenti da Jedi

Questo è un resoconto scritto da Sean  Pogson, il padre di una bambina non verbale con un grave ritardo dello sviluppo. Seany è stato in grado di modellare nuovi comportamenti con sua figlia, Tink (Campanellino, in italiano), utilizzando il TAGteach. I tentativi precedenti fatti da terapeuti per insegnare a Tink, usando metodi di imitazione, non hanno mai funzionato bene e, infatti, Tink si era ribellata contro queste terapie fatte di tocchi, rifiutandosi di collaborare e regredendo in alcuni comportamenti precedentemente appresi. Sean ha avuto grande successo modellando diversi, nuovi comportamenti e Tink è ormai molto esperta nel TAGteach, Così quando Tink si è ammalata e ha avuto bisogno di antibiotici per via orale tramite siringa (senza ago, ovviamente!, Seany è stato in grado di evitare la forza e di insegnare a Tink ad accettare la siringa e prendere la sua medicina senza protestare. Ecco il suo resoconto su questo processo.

TAGteach: momenti da Jedi 
di Sean Pogson


Tink non sta bene: ha un'infezione all'orecchio e l'influenza. Il problema dell'infezione all'orecchio è amplificato dai suoi problemi di elaborazione sensoriale; così, essere sicuri che lei prenda la sua medicina per tempo, è molto importante. Tink è molto brava a prendere le medicine, ma questa mattina proprio non ne ha voluto sapere. Tink ha rifiutato la siringa per la somministrazione orale.. Ho fatto un secondo tentativo; questa volta Tink ha spinto via la siringa ed ha evitato ogni ulteriore tentativo abbracciando e mordendo il cuscino nel suo box dei giochi. Fa questo quando è agitata, stressata o ha solo bisogno di un abbraccio e lo ottiene abbracciando il suo cuscino, perché a volte la bambina non riesce a far fronte, con la sua sensorialità, ad essere abbracciata. Così ci siamo ritrovati a un punto morto, con io che non riuscivo nemmeno ad andare vicino alla sua bocca. Poi ho avuto un "momento Jedi" e una voce rassicurante e calma è spuntata nella mia testa come Obi Uan Kenobi (Martha Gabler): "Usa il tag, Sean!". Subito la mia voce in testa ha risposto: "Posso farcela!" Così ho preso il tagger dalla tasca e mi sono seduto vicino al box per un attimo fino a che Tink si è calmata un po' nel suo dondolare e mordere il cuscino. Poi mi sono tranquillamente avvicinato a trenta centimetri dal suo viso, con la siringa della medicina mentre stava scavando nel cuscino mordendolo. Questo è stato il primo tag point e ho taggato, rinforzando con un elogio: "Lo hai fatto!" (il tagger per la bambina è diventato un rinforzo condizionato) (1). Così mi sono spostato in avanti di un po''e ho aspettato fino ad una breve pausa nel mordere, mentre avvicinavo ancora la siringa: l’ho taggata e lodata di nuovo. Durante questa ripetizione, mentre taggavo, ho notato un breve movimento degli occhi, lateralmente nella mia direzione al suono del tagger, quindi ho preso la palla al balzo e spostato la siringa più vicino, taggandola di nuovo e ricompensandola con: "Lo hai fatto!" (2). Tink ha poi spostato la testa un po' di traverso sul cuscino, così, ancora una volta, ho spostato la siringa più vicino a circa 2 centimetri dalla sua bocca e l’ho taggata. Poi ho spostato la siringa sulle sue labbra dove lei stessa l’ha afferrata mettendosela in bocca: sono riuscito a darle più della metà della dose, l’ho taggata e rinforzata con: "Lo hai fatto, yeeeeeee!!!!!". A questo punto ero sicuro che avrebbe fatto la stessa cosa così ho spostato la siringa sulle labbra e lei ha fatto esattamente la stessa azione, svuotando la siringa così l’ho taggata e rinforzata con un grande: "LO-HAI-FATTO!!!!"


 Questo è il modo in cui il TAGteach e l’ Analisi Applicata al Comportamento mi stanno insegnando a pensare. Man mano che faccio pratica, il mio pensiero diventa sempre più efficace. Mi ha insegnato a pensare da solo e a fare da solo. Questo è molto più potente di qualsiasi spada laser e molto più utile di qualsiasi Forza. Questo sono io mentre insegno -contemporaneamente- a me e a mia figlia.

 ALCUNE PRECISAZIONI 
(1) In questo caso Sean decide, solo per un attimo di rinforzare il comportamento del mordere il cuscino per dare a Tink la sensazione di successo e per dirle: "Attenzione il tag è disponibile." Anche con allievi normodotati si usa partire sempre da un "punto di successo": un comportamento che sanno già esibire, anche se, magari, non esattamente quello che noi vogliamo. (Clicca qui per ulteriori informazioni sul punto di successo).
 (2) Ora Sean è passato a modellare comportamenti diversi da quelli stereotipati (mordere e abbracciare il cuscino). In questo caso anche un breve sguardo di traverso può bastare per "aprire" un canale di comunicazione.
Ultima annotazione: Sean usa l'elogio come rinforzatore perchè sa che i suoi elogi funzionano come tali, rinforzando appunto i comportamenti di Tink. Altri allievi, nella stessa situazione, potrebbero avere bisogno di rinforzatori differenti.

Sean e Tink su Facebook:

Sean è molto attivo nella comunità TAGteach ed è una continua fonte d'ispirazione. Se desiderat seguire le sue " gesta" questa è la sua pagina su Facebook: SEAN POGSON